Abbiamo testato la Kavenz Bike VHP16 e non esageriamo nel dire che ci ha quasi stupito. Abituati a bici sempre più complesse in termini di design e di soluzioni, con telai in carbonio dalle forme sempre più particolari e ricercate, in questo caso si torna più all’essenziale a una mtb più cruda ma forse più autentica. Non è tanto l’estetica o la ricerca di soluzioni sempre diverse e alle volte complicate, ma l’obiettivo è avere un telaio con quote moderne, ma con concetti costruttivi semplici, ma non per questo poco funzionali, anzi tutt’altro!
Un telaio declinabile dalla all-mountain alla bici da DH mantenendo il concetto di Kavenz di VHP e telaio denominato V7. Possibilità di montare il tutto mullet (come il modello in test) o full 29″. Geometrie semi-customizzabili e droupouts regolabili per cucirci letteralmente addosso il telaio in diverse quote rese variabili da Kavenz.
[…Crediamo che avere una geometria su misura per il tuo corpo sia fondamentale per ottenere prestazioni ideali. Ma offriamo anche taglie standard (M/L/XL), che cerchiamo di tenere in stock. Se vuoi diventare semi-custom, combina le lunghezze del tubo sella e del tubo sterzo e raggiungi i numeri che desideri senza costi aggiuntivi. Con queste opzioni, puoi creare un totale di 36 possibili combinazioni di geometrie per trovare la soluzione perfetta per le tue esigenze personali…]
Ma andiamo con ordine da dove nasce Kavenz:
Il nostro nome “KAVENZ” deriva dalla parola tedesca “Kaventsmann” e significa “Monster Wave” o persona affidabile e robusta nel nostro slang locale (Masemate). Dato che produciamo la maggior parte delle parti del telaio in Germania, abbiamo pensato che il nome fosse adatto alle nostre esigenze.
Il nostro obiettivo era progettare una bici da corsa enduro che salga come una bici all-mountain ma scenda come una bici da downhill. Sapevamo di dover percorrere la strada dell'”High Pivot Point” per ottenere le massime prestazioni. Ma c’era una cosa che ci dava fastidio: l’alto anti-rise che di solito è presente con le bici “High Pivot Point”.
Volevamo una bici che conservasse la geometria, offrisse sufficiente trazione in frenata e fornisse un enorme supporto durante la pedalata senza contraccolpo del pedale. Eravamo pronti per iniziare non appena abbiamo capito come progettare la cinematica.
Abbiamo progettato con la regola della semplicità: linee rette, nessun peso o forma inutili. Riteniamo che i tubi dritti svolgano il miglior lavoro in termini di rigidità e rapporti di peso e resistano agli urti.
Tutto è iniziato con un progetto appassionato della nostra azienda madre 77designz. Volevamo costruire una bici da enduro che offrisse prestazioni senza compromessi. Nessuno studio di mercato, nessuna stronzata cinematica di marketing, solo ingegneria seria fino al punto di realizzare la bici da enduro più veloce che possiamo immaginare.
UNBOXING
Bici consegnata pronta con la sola ruota anteriore da montare. Classiche regolazioni ergonomiche e pronti a partire.
Di seguito vi elenchiamo il setting che abbiamo utilizzato per la FOX 38 GripX2 Factory e per il mono Fox X2 Float Factory, nel dettaglio andremo a parlare anche del loro comportamento.
LSR | HSR | LSC | HSC | PSI | |
FOX 38 Grip X2 FACTORY | 5 | 4 | 10 | 6 | 90 |
FOX Float X2 FACTORY | 6 | 5 | 8 | 5 | 210 |
Prime impressioni di guida
Il telaio ci è stato fornito in taglia L standard e come vedete il telescopico è totalmente inserito. Con il cockpit 77design con attacco manubrio molto corto il rider in test (179 cm per 78 kg) si è trovato ben centrato sulla bici, verticale in pedalata. Avremmo forse accorciato il manubrio di 10 mm per lato al massimo per stare più comodi e perché non sfruttavamo tutta la lunghezza, che in alcune situazioni può essere un ingombro.
Subito in sella si apprezza quanto buon feeling restituisce la bici. Posizione centrale, molto reattiva nei trasferimenti per essere una 170mm/170mm soprattutto con mono in levetta firm mode. La rapportatura con corna da 34 + Idler e pacco pignoni Sram GX da 52 denti nel pignone più grande è ottima, e si riesce ad avere un range completo di utilizzo.
Impressionante l’accelerazione in pedalata in piano e nei trasferimenti con strade bianche in salita con una bici più simile ad una all-mountain in questo frangente.
E qui entra in gioco in pieno la filosofia VHP di Kavenz. Non abbiamo voluto leggere troppo su questo concetto progettuale ma dopo i primi km abbiamo approfondito e non possiamo che confermare quanto segue e quanto è stato pensato dai tecnici Kavenz ovvero: la realizzazione di un telaio ” fatto per andare forte e salire molto bene, senza fronzoli progettato per abbattere il cronometro e non solo per estetica”.
Tutto questo si traduce in un cambio di direzione fulmineo per il tipo di bici, ma al tempo stesso, una sospensione super attiva in frenata e veramente zero pedal-kickback in discesa e pochissimo in salita.

Lo schema sospensivo permette alla VHP16 di essere un treno in discesa super stabile nella scelta della linea e nello scavalcare gli ostacoli senza penare troppo in termini di reattività. Giocando con i registri LSC e LSR si può cambiare bene il comportamento della bici con trasferimenti di carico più o meno marcati e facilmente avvertibili. Pochi click del registro e la bici cambia. Noi abbiamo scelto un comportamento inizialmente più frenato sia in ritorno che in compressione per questo frangente di guida.
Idler che non da fastidio in pedalata e l’attrito è veramente basso e contenuto, e non richiede sforzo alcuno, almeno non viene avvertito in maniera così marcata, rispetto ad una trasmissione sprovvista dello stesso.
Cambio ottimo in stile classico Sram a livello di shifting e nell’avvertire la cambiata, ne troppo preciso ne troppo impreciso. Si fa sentire il click e assicura una rapidità di azione sempre elevata anche se non è super smooth come può essere uno Shimano XT/SLX.
COMPORTAMENTO IN SALITA
Anche se può sembrare strano, è uno degli aspetti che più ci ha colpito della Kavenz VHP16. Pur essendo una endurona (anche visivamente parlando), si arrampica su qualsiasi strada, che sia forestale o tecnica, senza timore e con una impressionante agilità.
La rapportatura come già detto con l’idler nel mezzo è ottima e, anche dopo migliaia di metri di dislivello, si lasciava pedalare in salita senza utilizzare completamente il pacco pignoni con le rapportature più leggere. La pedalata è efficace, omogenea, sempre in “coppia” come piace dire a noi, ed anche con marcia non agile si riesce a mantenere una profonda rotondità di movimento. Abbiamo sostituito gli pneumatici con gli Schwalbe Albert Gravity Pro con carcassa radiale, di cui vi parleremo in un articolo dedicato, ma sicuramente non hanno fatto altro che enfatizzare le ottime doti da inusuale enduro-scalatrice, pur perdendo un minimo in scorrevolezza rispetto alle coperture fornite con il modello in test.
Sul tecnico lento, una volta trovata la quadra con il Float X2, si apprezza la morbidezza e quindi la capacità di assorbire l’ostacolo del cinematismo posteriore pur mantenendo una netta capacità di ripresa dell’escursione in estensione, una volta che il sistema si è stabilizzato sul SAG dinamico. Con il giusto apporto di LSR e HSR, si ottiene una sospensione viva ma che riesce a copiare bene le asperità.
COMPORTAMENTO IN DISCESA
In questa fase scopriamo la seconda faccia della Kavenz VHP16. Seconda faccia che convive perfettamente con la prima (comportamento in salita). In discesa il telaio è semplicemente agile e ben reattivo sul lento tecnico, perdona errori anche grossolani (capitati su PS affrontate alla cieca), sul veloce invece abbiamo una sospensione molto plush e più si va veloce più diventa stabile ed assorbe bene qualsiasi asperità anche i rock garden presi a velocità sostenuta.
Di seguito potete apprezzare i video POV di alcune nostre giornate di riding in cui cerchiamo di portare al limite il telaio o almeno provare a scoprirne tutti i segreti e trovate anche una spiegazione delle nostre sensazione direttamente in sella alla VHP16.
Per essere un tester che si trova bene con il 90% delle taglie M, provare una taglia L non è stato un trauma, dato che i valori delle geometrie (che riportiamo di seguito) uniti a un attacco manubrio corto ed una corretta posizione della sella, permettono di rimanere ben centrati tra l’interasse bici e nel nostro caso non azzerare le leve (braccia, gambe) del rider nelle fasi di guida tecnica in salita e discesa. Può sembrare strano di esserci trovati comodi su una taglia L ma (manubrio largo a parte) la sensazione è di estremo controllo e stabilità. La possibilità di abbassare il telescopico totalmente, unita alla configurazione mullet, da una possibilità di movimento elevatissima al rider che può giocare con i movimenti attorno al telaio mantenendo comunque una posizione sempre centrale, moderna e aggressiva senza eccedere con il carico sull’anteriore.
Come detto, quando le velocità aumentano, è un piacere mollare i freni e lasciare che la grande stabilità della Kavenz VHP16 faccia il resto trasmettendo al rider un gran feeling ed un gran controllo. Il telaio restituisce una quantità di informazioni su braccia e gambe del rider impressionanti senza essere stancante. Abbiamo provato anche tratti veramente stretti e ripidi, la taglia L e l’interasse tipico di questa taglia rispetto ad una M, implicano sicuramente un certo feeling maggiore nel controllo nello stresso e nell’uso dei nose-press su entrambi i lati di rotazione in curva.
Crediamo che la taglia L (per conformazione del tester) sia la scelta giusta, con una taglia M forse avremmo pagato in termini di stabilità sul veloce senza guadagnare poi tantissimo in termini di agilità e reattività.
Abbiamo poi giocato con diverse configurazioni sia di forcella che di mono ammortizzatore, ma una volta trovata la quadra con il Float X2, abbiamo lasciato la stessa configurazione per tutto il test, poiché forniva un compromesso nemmeno tanto stretto tra reattività e effetto plush sul veloce. Aprire l’idraulica dei ritorni rendeva la bici scollegata e scomposta tra risposta della parte anteriore e il posteriore, soprattutto in curva.
Se vogliamo trovare un difetto ha bisogno in generale di essere più caricata/pompata per guadagnare air-time essendo a nostro avviso, con i setup e i test effettuati, un 60% schiacciasassi e40% giocosa in uscita o in fase di pompaggio. Niente di non gestibile, anzi a nostro avviso è la vera anima di questa bici nata con un ottimo bilanciamento.
CONCLUSIONI
Come avete potuto capire, se siete arrivati fino a qui, la Kavenz VHP16 ci ha colpito e ci è piaciuta molto. Difficilmente, per non dire mai, abbiamo avuto la possibilità di guidare un telaio così camaleontico e così al tempo stesso efficace uscendo dai classici canoni delle Enduro a grossa escursione, pesanti e lente in salita, per poi dare il meglio solo in discesa e magari solo andando forti. Con la Kavenz ti diverti, ti godi la salita e apprezzi la discesa, sia veloce che tecnica. Hai una bici che da il meglio di se per le quote e le geometrie che ha nei trasferimenti, grazie ad un sistema VHP che abbiamo apprezzato dai primissimi chilometri e che effettivamente fa quanto dichiarato. Un telaio polivalente che con le giuste modifiche pensate ed offerte da Kavenz, spazia dall’ all-mountain all’impiego con la doppia piastra.
Esteticamente può piacere o meno (a noi è piaciuta) ma è una filosofia: tutta sostanza senza fronzoli.
In discesa è un piacere guidare e, trovato il giusto setting, le energie impiegate nella guida sono spese in maniera razionale. Con un buon allenamento è una bici che permette anche di viaggiare sui 2000 metri di dislivello negativo e positivo senza distruggere il rider.
Possiamo dire che è stato un test veramente divertente in cui abbiamo riscoperto il piacere di guida e la giocosità di un tipo di filosofia enduristica che sembrava ormai scomparsa.
Tutte le foto e i video sono di proprietà mtbworkshop.com
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